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La storia della danza in Italia: una rincorsa verso il tempo perduto

di Roberta Albano

La storia della danza è una disciplina in Italia relativamente giovane, benché proprio nel nostro paese nel Quattrocento siano stati scritti i primi trattati sull’arte della danza. La mancanza in passato di studi accademici relativi alle arti coreutiche ha determinato che solo dalla seconda metà del Novecento, con l’istituzione dell’Accademia Nazionale di Danza e poi con l’attivazione dei vari indirizzi universitari DAMS, ci si ponesse l’obiettivo di avviare ricerche storiografiche per riordinare la mole dei documenti archivistici, iconografici e letterari sulla genesi e l’evoluzione della danza nel nostro paese. Mancando, quindi, una formazione adeguata, anche la critica di danza, fino agli anni Cinquanta, era affidata a musicologi o ad appassionati di teatro. Eppure, come appena affermato, la danza e la sua elaborazione teorico-pratica in Italia avevano una storia antica a cui, però, una cultura “logocentrica” ha spesso guardato con una certa sufficienza. Cercherò di riassumere la lenta nascita di studi teorici e storici sulla danza in Italia.

I primi trattati di danza rinascimentali di Domenico (detto da Piacenza) del 1455, di Guglielmo Ebreo (conosciuto anche con il nome da converso di Giovanni Ambrosio) del 1474, di Antonio Cornazano del 1455-1465, contengono una parte teorica sulle ascendenze filosofiche a cui si attribuisce l’importanza della danza come attività fisica ed educativa. La seconda parte dei trattati tramanda le forme dei balli che venivano praticati nelle corti nelle quali i maestri svolgevano la loro opera e pongono il problema di “fissare” e rendere trasmissibile un’arte motoria e mimica.  

Risalendo all’antichità greco-latina, in cui la danza era presente come elemento essenziale degli spettacoli, dei riti religiosi e delle attività ludiche sociali, si deve far riferimento al Perì orchèseos (Sulla danza), Luciano di Samosata che, in forma di dialogo, ripercorre la pantomima antica e la danza sia come forma di comunicazione artistica, sia come allenamento guerresco praticato da varie popolazioni greche. La contrapposizione tra Cratone, che avversa la danza, e Licinio, che la apprezza e la difende, è l’occasione per presentare la danza espressiva, pantomima appunto, come una forma d’arte nobile ed educativa. Tale testo, tradotto in latino dopo il 1472 da Atanasio Calceopulo e dedicato ad Antonello Petrucci, nobiluomo della corte aragonese di Napoli, inizia un lungo percorso di risalita lungo la penisola che lo porterà a divenire la pietra miliare da cui partono sia la riforma settecentesca del balletto, che gli studi sulla danza anche in Francia.  Il testo di Luciano si diffonde fra gli illuministi attraverso la traduzione francese del 1655 a cura di Nicolas Perrot d’Ablancourt, De la Dance. Dopo poco tempo verrà pubblicato Le traité de Ballet anciens et modernes del gesuita Claude-François Menestrier che nel piano di studi della formazione gesuitica (ratio studiorum) riconosce il valore educativo della danza e del teatro. Su queste basi si svilupperà la fertile discussione sulle arti che, infiammando il Settecento francese, coinvolgerà anche la danza, divenuta ripetitiva e poco attraente all’interno dell’opéra-ballet di Lully e Rameau. La fondazione da parte di Luigi XIV dell’Académie Royal de Danse inizia a dettare le regole per i maestri di danza francesi che, esportando il loro sapere in tutta Europa, creeranno l’egemonia del balletto d’oltralpe che si andrà fondendo con le diverse realtà nazionali. Tale operazione monopolistica da parte del sovrano intendeva non solo riorganizzare l’attività coreica ma anche rispondere al grande successo del teatro italiano che tra lo sviluppo del melodramma, l’attività dei maestri di ballo e il successo delle compagnie teatrali itineranti (la Commedia dell’Arte) aveva invaso le principali città europee arrivando alla corte francese. L’Académie è comunque l’istituzione che sviluppa necessariamente un discorso storico-estetico, oltre che tecnico-artistico, sull’arte della danza, favorendo la pubblicazione nel 1700 di un metodo di notazione secondo il metodo Beauchamps-Feuillet, Chorégraphie, ou l’art de décrire la danse par caractères, figures et signes demonstratifs.

 Nel Settecento gli autori dell’Encyclopédie saranno tra i fautori di una danza che recuperi la pantomima espressiva degli antichi per divenire un genere teatrale autonomo alla pari del teatro drammatico e musicale. Pierre-Jean Burette con la Prima e seconda memoria per servire alla Istoria del Ballo degli Antichi (Venezia, Groppo, 1746), Louis de Cahusac ne La danse ancienne et moderne, ou Traité historique de la danse (La Haye, Neaulme, 1754), Francesco Algarotti con il Saggio sopra l’opera in musica (Venezia, Pasquali, 1754), Denis Diderot negli Entretiens sur Le Fils naturel (Amsterdam, Rey, 1757), Jean-François Marmontel, con il suo articolo La Déclamation théâthrale, pubblicato nel 1754 sull’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, prepareranno le basi teoriche a cui si riferirà Noverre nelle sue fondamentali Lettres sur la danse del 1760. Da allora il balletto, divenuto un genere teatrale autonomo che si distingue dalla danza di società, svilupperà numerosi scritti che, insieme ai dettami tecnici, forniranno indicazioni teorico-estetiche sul movimento, sulla costruzione drammaturgica dello spettacolo di danza, sulle qualità necessarie agli interpreti e ai coreografi.  In Italia il trattato di Gennaro Magri, Trattato teorico-prattico di ballo (Napoli, 1779) costituisce un’importante testimonianza degli sviluppi della tecnica virtuosa di quel periodo, così come gli scritti di Blasis, di impostazione didattico-teorica, risalenti alla prima metà dell’Ottocento. Tali lavori hanno avuto maggior attenzione all’estero e solo negli ultimi anni un’edizione critica e studi appropriati. 

Nonostante l’Ottocento sia stato il secolo che vede brillare molte eccellenze italiane in tutta Europa, dai coreografi Salvatore Viganò, Gaetano Gioja, Filippo e Salvatore Taglioni, solo per citarne alcuni, ad interpreti quali Amalia Brugnoli e Paolo Samengo, Maria Taglioni, Carlotta Grisi, Fanny Cerrito, Antonio Guerra, Pierina Legnani, Carlotta Brianza, Enrico Cecchetti, sono rare, se non del tutto assenti, memorie dei protagonisti o una storia della danza che da vicino documentasse le grandi professionalità artistiche prodotte dall’attività delle scuole teatrali italiane. Rare eccezioni sono i Commentarii della vita e delle opere coredrammatiche di Salvatore Viganò e della coregrafia e de’ corepei, scritto nel 1838 da Carlo Ritorni e le memorie in francese di Maria Taglioni.

Sono presenti, invece, le recensioni degli spettacoli che vanno ritrovate nelle emeroteche che conservano gli antichi giornali. Tutta la produzione letteraria composta da testimonianze giornalistiche, libretti di ballo, partiture musicali, costituisce il materiale storiografico che, arricchito da epistolari privati, documenti di tipo amministrativo, atti giudiziari, distinte di pagamento e contratti, può aiutare a fornire il variegato sviluppo della danza d’arte in Europa e che, da pochi anni, è diventato oggetto di revisione e studio.

Le pubblicazioni italiane nel Novecento, come già accennato, sono state rare soprattutto per la prima parte del secolo. Nel 1899 viene tradotto in italiano il testo di Gaston Vuillier La Danza, a Milano per la Tipografia del Corriere della Sera. Si tratta di un dono per gli abbonati del «Corriere» che probabilmente ebbe una distribuzione limitata ma che costituiva un compendio esaustivo in lingua italiana di storia della danza vista, però, prevalentemente dal punto di vista della danza francese. Pittore, viaggiatore ed etnografo, Vuiller fornisce indicazioni sulle danze di paesi in cui aveva viaggiato, per quanto riguarda la danza teatrale, invece, tratta prevalentemente l’attività dell’Opéra di Parigi. Nel 1928 viene pubblicato La danza come modo di essere da Jia Ruskaja, fondatrice nel 1940 della Regia Scuola di Danza presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, e successiva direttrice dell’Accademia Nazionale di Danza dal 1948 al 1970, anno della sua morte. Pur non essendo un trattato di storia della danza, nella prima parte contiene un breve excursus sull’importanza della danza nelle civiltà antiche come modello di un ritorno ad una danza come rito sociale e collettivo, non solo come divertimento esibizionistico così come avveniva nei Cafè-Chantant o nei teatri di rivista. Si tratta di un raro caso di voce femminile della danza italiana, in quegli anni, dopo le famose memorie di Claudina Cucchi, Venti anni di palcoscenico, del 1904. 

Contemporaneamente, negli Stati Uniti, la danza americana trova subito un importante supporto teorico ad opera del critico Jhon Martin che, nel 1927, diventa il primo critico di danza americano, promuovendo in particolare l’attività di Martha Graham, e nel 1933 pubblica The Modern Dance. Nel 1932 il direttore del Bennington College, seguendo le teorie di John Dewey che promuove la didattica del saper fare, istituisce un corso di danza come arte, non solo come attività fisica, diventando un importante centro tecnico-artistico e culturale per lo sviluppo della danza americana. 

In Inghilterra, già nel 1894, era nata «The Dancing Times», rivista che inizialmente si occupava di danze di società ma che ben presto inserisce articoli di storia della danza, saggi su biografie di ballerini e accompagnerà la nascita della prima compagnia inglese, il Sadler’s Wells Ballet. Cyril Beaumont, prolifico studioso di danza,  pubblicherà la storia della compagnia negli anni Trenta dopo aver curato nel 1922 con Idzikowski la sistematizzazione del metodo Cecchetti. 

In Francia, a seguito del grande successo dei Ballets Russes, riprende vita un’importante attività di critica di danza ad opera, tra gli altri, di André Yacovlev Levinson, Jacques Rivière, senza dimenticare L’Âme et la danse di Paul Valery. La ripresa degli spettacoli di balletto e la nascita della danza moderna rivitalizza quella che, nell’Ottocento, era stata l’intensa attività critica di Théophile Gautier per il balletto romantico. 

Nel 1941, Renzo Rossi pubblica La Danza e le Danze, un piccolo compendio di storia della danza che rinchiude in sole tre pagine il ricco Ottocento della danza italiana. Il testo dedica, invece, più ampio spazio all’evoluzione della danza libera di Isadora Duncan, a quella espressionista di Mary Wigman, fino all’attività di Jia Ruskaja, dimostrando che non era del tutto assente la presenza della danza moderna nella cultura italiana di quegli anni. Nel 1946 Raffaele Carrieri pubblica La Danza in Italia che racchiude numerose immagini di scenografie ottocentesche, di ritratti di ballerine, appartenenti alla collezione Toscanini, ora negli Stati Uniti, ed anche qualche errore, e che quindi ancora non riesce a dare un’idea unitaria ed esaustiva della danza italiana. Nel 1950 un bando ministeriale per un lavoro di storia della danza, sollecitato da Jia Ruskaja, determina la presa d’atto da parte del Ministero della Pubblica Istruzione della mancanza di competenze idonee e sufficienti a raccogliere, analizzare e sistemare il grande materiale necessario per la redazione di una storia della danza. Anche la critica teatrale di danza, infatti, è affidata sui giornali a musicologi, non ad esperti del settore. Solo con la meritoria impresa dell’Enciclopedia dello Spettacolo, avviata da Silvio D’Amico nel 1954, si inizia a raccogliere sotto la guida del coreografo Aurel Millos un gruppo di studiosi che nel loro lavoro avranno presente gli studi internazionali. Tra loro emergono Gino Tani e Vittoria Ottolenghi che da allora si dedicheranno alla critica di danza. Alberto Testa, docente titolare dell’Accademia dal 1963, pubblica nel 1970 il Discorso sulla danza e sul balletto, che costituisce il primo compendio divulgativo di concetti ed eventi della storia della danza in italiano che richiama agli studi francesi ed angloamericani, già molto sviluppati. Tani, primo docente di Storia della danza in Accademia, pubblicherà nel 1983, per Olschki, la Storia della danza dalle origini ai nostri giorni in tre volumi. Il suo successore Diego Carpitella, docente di Storia della danza dal 1954 al 1962, preparerà delle dispense, ad uso interno per gli studenti, che saranno poi pubblicate a cura di Alberto Testa nel 2002. 

Dalla fine degli anni Settanta, gradualmente, inizia una serie di pubblicazioni specialistiche ad opera di Lorenzo Tozzi, di Millos, di Flavia Pappacena che valorizzano in maniera scientifica l’operato di coreografi e maestri come Gasparo Angiolini, Carlo Blasis ed Enrico Cecchetti. Nel 1984 lo studioso e diplomatico portoghese José Sasportes istituisce la prima rivista specializzata di studi coreici dedicata alla danza d’arte e teatrale «La Danza Italiana» attraverso cui si inizia il lungo percorso, non ancora esaurito, di redazione e analisi dei materiali documentari sulla danza italiana dal medioevo alla contemporaneità. Nel 1988 Kathleen Kuzmick Hansell, studiosa nordamericana, pubblica uno studio fondativo per la storiografia sulla danza italiana Il ballo teatrale e l’opera italiana. Nel 1995 esce ad opera di Lorenzo Tozzi, Claudia Celi e Alberto Testa, un altro studio importante sul balletto in Italia all’interno di un’altra opera irrinunciabile per gli studi di danza L’Arte della danza e del balletto pubblicato all’interno dell’opera Musica in Scena a cura di Alberto Basso. Nel 1993, inoltre,  Flavia Pappacena dà vita ad un’altra importante rivista scientifica dedicata alla danza curando la pubblicazione di «Chorégraphie» che raccoglierà saggi di storia della danza, teoria della danza e medicina della danza, anche con l’apporto di docenti dell’Accademia Nazionale di Danza. 

L’istituzione, infine, di insegnamenti universitari dedicati alla danza nell’ambito dei corsi di Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo (DAMS) ha dato vita, grazie all’impegno di Eugenia Casini Ropa, alla prima laurea specialistica in studi storico-critici sulla danza presso l’università di Bologna. Nel 2009 Casini Ropa fonda la prima rivista accademica online e in open access, «Danza e Ricerca», che raccoglie studi di ricercatori nazionali e stranieri. Gli studi storico estetici universitari sulla danza si sono diffusi in molte altre università italiane arricchendo di pubblicazioni e saggi il panorama degli studi storici ed estetici. La trasformazione, grazie alla legge 21 del 1999, n. 508, dell’Accademia Nazionale di Danza in Istituto di Alta Formazione Coreutica, all’interno del sistema universitario AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale) ha portato la formazione tecnico artistica e teorica della danza a livelli universitari, contribuendo ad un arricchimento culturale dell’ambiente coreico italiano grazie a numerosi scambi internazionali. Negli ultimi quarant’anni si è notevolmente arricchito il panorama degli studi coreici che comprende anche AirDanza. L’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza si è costituita legalmente nel 2001 per iniziativa di un gruppo di studiosi appartenenti al mondo accademico e non, che comprendeva Eugenia Casini Ropa, Vito di Bernardi, Giorgio di Lecce, Francesca Falcone, Patrizia Veroli, Pino Gala, Alessandro Pontremoli, Barbara Sparti, Fabio Mollica, Marina Nordera e molti altri. Dalla sua fondazione l’associazione ha curato numerose iniziative culturali, convegni internazionali e pubblicazioni, e le sue attività sono riconosciute dal Mibact. 

Gli studi storici sulla danza hanno fatto negli ultimi anni una lunga rincorsa per recuperare lo svantaggio nei confronti di quelli internazionali che, ancora oggi, costituiscono un importante riferimento. Oltre al recupero e riordino della memoria dal passato, grazie agli studi storiografici, la storia della danza teatrale è oggi diventata una disciplina che guarda all’aspetto performativo con uno sguardo che comprende il punto di vista antropologico e sociologico in quanto la danza è espressione della visione del corpo di una società ed anche prodotto “industriale” nell’ambito del mondo dello spettacolo. Non è sufficiente analizzare un’opera coreografica e la poetica del suo autore per comprendere la danza d’arte ma occorre contestualizzarla nella società e nell’epoca in cui è stata prodotta. 

Fanny Cerrito e Antonio Guerra – celebri ballerini napoletani di metà Ottocento.

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